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mother! La nuova mater dolorosa

  • Luisa Maria Mae
  • 13 dic 2017
  • Tempo di lettura: 3 min

Smembrare una realtà storica, riassemblarla in un delirio neo-mitico che sfugge ad ogni univoca interpretazione. Darle una voce caotica, una narrazione stratificata, costruita su una greve trama di simboli, icone, riferimenti – farne un apologo impossibile e viscerale che riflette su tutto. E che forse finisce per fissarsi sul niente.

Perchè il niente è quello che in questo caso è passato tra pubblico e critica: per l'uno un disturbante, gratuito delirio, per l'altra un'allegoria banale, ridondante fino alla nausea. Così mother!, l'ultima fatica di Darren Aronofsky, è sprofondata tra fischi e sprezzo fin dalla sua prima proiezione, alla Mostra del Cinema di Venezia dello scorso settembre.

Aronofsky ha ingannato. Il trailer del suo film presentava solo un altro psico-thriller autoriale, conturbante sì, ma comunque divertente. Invece questa pellicola non diverte. Anzi, con mother! a tratti non si capisce che cosa si stia guardando, è inclassificabile, fa tremare, poi fa ridere per la sua assurdità, per la sua ambizione, poi dà il mal di testa e ribalta lo stomaco.

Madre (Jennifer Lawrence) è lei – innominata – che ristruttura e cura la casa di Lui (Javier Bardem) per renderla loro edenica dimora. Lui – ugualmente senza nome – è poeta bloccato e impegnato in se stesso, nelle proprie pagine intonse, in una ricerca che lei non capisce interamente. Due ospiti si insediano nel nido incontaminato trasformandolo in un luogo di peccato; sconosciuti sempre più numerosi assedieranno il luogo trasformandolo in carneficina e follia. In un crescendo di surrealtà e di caos, un esercito di frenesia distruttiva sopprime la casa rodendone ogni linfa.

"Lui, il Poeta, è Dio; lei, la Madre, il Creato"

Nonostante la chiarezza dell'allegoria che il film rappresenta, a partire dalla sua struttura, il regista ha corretto le diffuse interpretazioni errate svelando esplicitamente la chiave di lettura – in fondo, quasi banale – della storia: Lui, il Poeta, è Dio; lei, la Madre, il Creato; i primi indigesti ospiti Adamo ed Eva, cui si vedono seguire Caino e Abele e un'ellissi estrema della storia dell'uomo.

Il film è un parossismo insaziabile. Noi spettatori di questa cruenta, gratuita, vicenda biblica-kitsch restiamo disgustati e nient'altro. Tanto più che la sua tremenda verità, il suo primo messaggio, è l'urlo – sì disgustoso – di una Madre universale, di un pianeta agonizzante i cui dolori s'ascoltano sempre più ovattati, immersi nel caos alieno di un'umanità che, pare, sempre più s'impegna affinchè non si riesca ad udirli.

Mother! è, per sua grande sfortuna – o fortuna? –, un film imperdonabile nel suo eccesso, e magari anche c'era da immaginarselo che suo destino sarebbe stato quello di un pubblico smembramento da parte di una critica impietosa. E forse era suo scopo fin dall'inizio, al di là della spaventosa allegoria “ambientale”, quello di riaprire il sipario sulla tragedia del rapporto creazione-distruzione, in un'epoca dove questo rapporto è stato svuotato di significato dal delirio consumistico, narco-capitalistico che la pervade.

L'apocalisse domestico-cosmica che racconta mother! è il sogno che oggi più che mai avremmo voluto lasciare dimenticato. È l'ultima deriva dell'Unheimliche, la paura del famigliare-estraneo teorizzata da Freud, in un'opera cinematografica urgente e inaccettabile, che scopre tutto quello che avrebbe dovuto rimanere nascosto: paure e manie, memorie recondite, le tante schizofrenie della modernità si illuminano attraverso la ripresa di una lontanissima storia mitica e di un sacrificio impossibile (durante il film ho inavvertitamente ripensato a quei versi: Non fossi stato figlio di Dio | t'avrei ancora per figlio mio...). Da qui il film si declina anche nel racconto di un lacerante dramma materno, a partire dal trauma del concepimento fino al suo polanskiano apogeo. Ma se il grembo materno è la stessa casa sotto assedio, stuprata e depredata, allora dobbiamo riconoscere il ritratto di una civiltà che invade, gode, esilia, che sceglie la libertà ma la sottrae ad altri, che produce la propria stessa distruzione.

Mother! è la riscoperta di un luogo, la casa, topos prediletto del filone horror, che qui si contorce sotto multiple letture, si innalza a figura di un grembo insieme privato, umano e universale – presunzione inammissibile. Nel suo crescendo claustrofobico ci racconta la verità del mondo e in particolare del nostro odierno mondo, ricordandoci che, ricordava Georges Bataille, «vi è nella natura, e continua a sussistere nell'uomo, una tendenza perenne all'eccesso» (L'erotismo).

L'eccesso e l'apocalisse sono l'essenza e l'espressione fondamentali di questa pellicola, e forse è questo a condannarla alla generale esecrazione: siamo troppo immersi nell'eccesso per potervi riconoscere una valenza che ancora Bataille riteneva sublime, cosmica, eppure terrificante. Ci sentiamo troppo vicini alla fine per riguardare, magari con catarsi, la tragedia del ciclo che ha bisogno di «quell'eccesso che è la morte» per potersi rinnovare.

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